mercoledì 1 gennaio 2014

Essere buoni lettori è fondamentale se si è scrittori?



Attingere ad altri lavori certo aiuta sempre, sia come atteggiamento di apertura e di ascolto che come arricchimento oltre la nostra visuale solita, e questo aiuto sappiamo vale per tutte le espressioni artistiche e non solo.
Però mi piace molto l’idea di lasciare un bel pò a briglie lente la fantasia dei primi anni. Io personalmente sto facendo questa scelta proprio perché sono agli inizi, e ho necessità primaria adesso di esprimere terapeuticamente il tanto eccessivo che ho accumulato, e che ora so meglio comunicare.
Per me una terapia di questo tipo é preziosa per il mio relazionarmi compromesso, apparte la scioltezza che ho qui su internet e che infatti non a caso é testo scritto.
Non credo sia poca umiltà da chi ama scrivere non riuscire a leggere un libro al giorno, penso...anzi considero che non ho mai nascosto di aver letto che pochi testi ( pochissimi rispetto un lettore accanito ma non proprio contati su una mano -e approfonditi e cresciuti nel mio cuore soprattutto-). :-)
Un ragazzino può anche arrivare a capire difficili nozioni di psicologia  passando prima di sua iniziativa per enciclopedie naturalistiche o di matematica, oppure una bambina sa inventarsi una bellissima poesia sul suo diario senza saperne nulla dei poeti più noti cui magari a tratti può anche somigliare. E' un esempio che mi viene ora che forse spiega meglio di me. Questa fonte nutre la fantasia, e va colto poi ci sta appieno che studiare fa solo ulteriore bene. A me piace molto leggere testi di scuola che non ho certo assaporato nella competizione e nell'affanno generale dei tempi di maturità.
Ora trovandosi tutto su internet posso accedere e nutrire la mia curiosità trasversale, che ammetto ha avuto una picco di attività di sola e appassionata lettura ormai molti anni fa. Anche questo a sua volta permette l'immaginazione più fertile.
Penso perciò che la lettura e l'espressione si nutrano a vicenda infine, nell'immagine vicina a qualcosa che entra e qualcosa che esce.
L'arte rimane comunque un espressione creativa più che viscerale, cioé svincolata a qualcosa da improntare troppo fortemente al passato ( e nella scuola -scuola in generale sottolineo- c'è spesso un rischio di omologazione e di insegnamento del tipo, "i grandi miti del passato e tu l'allievo che ne ha solo e soltanto da imparare). Non è già un esempio trasmesso di ascolto vero, penso.
Svincolata l'arte dagli schemi rigidi perpetuati, che per quanto utili passano quasi sempre idealmente in primo piano, e non che come detto non debba esserci forte infarinatura di nozioni intellettive; Ma devono essere un precisissimo Strumento Comunicativo (canale) per qualcosa che è legato ai sentimenti (messaggio) come tutto quanto realizzato dalle persone lo é del resto. Diceva qualcuno, imparare prima le regole e poi “distruggerle”, ad esempio Picasso che disegnare anatomicamente sapeva, eccome.
Il paradosso è che pur passando in assoluta importanza idealmente e teoricamente, di fatto lo strumento tecnica é un frequente virtuosismo concepito nell'idea comune spesso che per solo le elite degli acculturati scrittori, come se sapersi esprimere chiaramente e con precisione non riguardasse la semplice babelica quotidianità, o altre interessi; La tecnica infatti succede  ad un impulso conoscitivo e lì vado ancora a parare all'aspetto sociologico e limitante di tutto questo, che non può prescindere da chi ne é inserito e in particolare da chi ne é portavoce artista.

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